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“Non la comunione, vorrei, ma la minestra!” . E’ il 1816 e queste sono le grida di un condannato imprigionato nella galera del Senato. Una signora le sente e qualcosa dentro di lei cambia per sempre: forse è proprio così che ha inizio l’interesse verso la gente carcerata, le famiglie in difficoltà, i diseredati. La donna è Giulia Viturnia Francesca Colbert Falletti di Barolo, ovvero Giulia di Barolo, una
Francesco Crispi nasce nel 1818 a Ribera – sì, proprio la Bibera di Camilleri- da una famiglia (paterna) arbareshe. Era un ragazzino vivace : nel volume “Crispi” scritto da Nicolò Inglese, si ricorda che per gioco Ciccio si fece quasi 4 km a piedi per andare a suonare di soppiatto le campane del paesino vicino e far accorrere tutti in piazza. Del nostro si sa che, una volta cresciuto, si laurea in Giurisprudenza a Palermo ed eccolo
Olimpia Rossi Savio fu colei che fra le altre cose consigliò a Carlo Alberto di parlare una volta per tutte in italiano. La signora conosceva infatti molto bene la nostra lingua, in un periodo in cui a corte si comunicava col piemontese e francese. Avendo sposato ventunenne il barone Andrea Savio, un avvocato conoscente di Cavour, partecipava alla vita di corte e conobbe personalmente il sovrano che meravigliatosi del suo italiano