MILANO – Essere invitati ad una prima non è cosa da tutti i giorni. Ricorda gli anni ruggenti, fa fuggire gli spettri della crisi, riporta ai tappeti rossi, ai flash dei fotografi, a pellicce, auto di lusso gioielli e belle donne. Forse di questi tempi ci si aspetta troppo, ma l’avvenimento di per sé merita una notizia. La prima italiana e mondiale del film Ameriqua, protagonista il rampollo della famiglia Kennedy, Bobby Kennedy III, (il nonno è il senatore Robert, il fratello di John Fitzgerald, entrambi uccisi negli anni ’60), che ha debuttato sul grande schermo del cinema Odeon di Milano, qualche passo dal Duomo, qualche giorno fa e prima della prima su territorio nazionale e prima di varcare l’oceano e presentarsi nelle sale del nuovo continente, quell’America tanto citata.
La folla fuori dal cinema c’è; ci sono cordoni e spazi per gli invitati illustri (non chiamiamoli vip), niente limousine e pellicce, ma i paparazzi sì, lo sfondo con il marchio dove fare le foto, l’ombrello professionale dei fotografi per diffondere la luce, e delle personalità. Popcorn e bevande gratis per il folto pubblico, un tocco di americanità. Foto ad attori e produttori, tutti insieme. L’onore di conoscere Kerry Kennedy (figlia di Robert Kennedy), e stringerle la mano. Sono ancora volti poco noti, ma si aggirano nel foyer le giovani promesse del grande schermo, e mentre i giornalisti aspettano gli “attoroni”, salta fuori a sorpresa Alba Parietti.
La platea è gremita, nella fila centrale siede il cast, giovane e impaziente, assieme al produttore Marco Gualtieri. Si spengono le luci e comincia il film. La fotografia e il montaggio sono curatissimi, moderni e dinamici, straordinarie le prime immagini, che fanno capire che se ne vedranno di bellissime: di città, dell’America, di New York, ma soprattutto dell’Italia. Un film sostenuto dal Ministero dei Beni culturali, che ci fa sognare: un’Italia in tutto il suo splendore, le campagne, la Bologna del centro storico. Le lambrette, le auto decappottabili che sfrecciano nelle strade sgombre di campagne da cartolina; le piazze, le atmosfere sono magiche, colte nella loro maestà dagli occhi di uno straniero, e l’amore che costui porta al nostro paese si coglie in ogni fotogramma. È la nostra Italia più bella, quella che vorremmo e che non sempre ritroviamo, quella come forse era negli anni ’50 e che in alcuni posti c’è ancora…
Bobby Kennedy III nel film riporta in parte la sua esperienza di vita (è l’interprete principale ma anche l’autore della sceneggiatura): il suo protagonista è un ragazzo americano di famiglia ricca, i cui genitori un giorno gli dicono: figlio, è ora che tu te la cavi da solo. Parte, va in Italia e riporta nel film il paese che ha vissuto, la Bologna che ha abitato e che ha amato davvero intensamente.
E come in tutti i film di formazione, il protagonista non è solo: il ragazzo ha un padre straordinario, un visionario navigatore entusiasta della vita, Alec Baldwin, ( una figura entusiasmante, anche se appare in pochi fotogrammi, allegro e sdrammatizzante, grande e apprezzata sorpresa); incontra il faccino fresco (e somigliantissimo a quello della madre) di Eva Amurri, figlia di Susan Sarandon e del regista sceneggiatore italiano Franco Amurri, nella parte di una studentessa americana; ha infine il privilegio di imbattersi in un sempre straordinario Giancarlo Giannini, padrone di un ristorante dove il giovane lavorerà, …e qui passo all’unica nota di perplessità.
Nelle interviste, il gentile Bobby Kennedy III si è dichiarato portavoce di un’idea, quella di sfatare i luoghi comuni sull’Italia, che non è solo stereotipi come mafia, pizza e latin lover. Eppure la storia nella pellicola si apre con un rapimento da parte di mafiosi da barzelletta non appena il ragazzo mette piede sul suolo italiano e prosegue con la partecipazione costante di figure un po’ caricaturali di uomini playboy o picciotti, donne principesse in attesa di matrimonio, spaghetti e ragù.
Se prescindiamo da ciò, la pellicola è godibilissima, divertente e dalle mille qualità. Non ultima quella relativa alla colonna sonora musicale a cui partecipò anche Lucio Dalla, che accettò di concedere al film alcune sue canzoni e che volle inserire un pezzo di una sua scoperta (lo notò mentre cantava a Bologna in Piazza Maggiore), il ventenne Marco Sbarbati, oltre ad una versione di “Caruso” qui cantata dal tenore promessa Vittorio Grigolo.
Alla fine della proiezione, si è levato un grande applauso: AmeriQua al pubblico italiano è piaciuto!
Rosita Ferrato
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