La battaglia delle Aquile – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa
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La battaglia delle Aquile

Tunisi, Cartagine: tutti i caffè sono pieni. Si gioca una partita importante, la nazionale incontra la Francia in questi strani Mondiali giocati in Qatar sotto Natale.

La partita ha un peso sia per il risultato in sé, ovvio, sia per ragioni storiche, di rivalità ben conosciute e antiche. «Mio figlio è tornato a casa, non c’è posto da nessuna parte per guardarla», mi rivela sorridendo il mio verduriere di fiducia, vedendomi vagare sperduta per le vie di Cartagine. Il primo caffè è pieno. Il secondo è un locale spazioso: tre schermi. Pieno pure quello. «Wahdi?» Sei sola? Allora sì, un posto in piedi te lo trovano. Ma il fumo è insopportabile – qui funziona ancora così, nei posti pubblici. Un amico, un cameriere gentile, mi trova una postazione tutto sommato privilegiata, a lato della porta d’ingresso. Vicino a me c’è un improvvisato buttafuori, deputato a gestire eventuali problemi di calca – o di altro, nel caso.

C’è spazio, sono seduta al largo, all’aria aperta e dovutamente coperta contro il primo freddo invernale. Il posto strabocca di gente: tanti giovani, ragazzi e ragazze, bimbette con la bandiera rossobianca sulle spalle. Parte il tifo, si alzano i cori: il primo tempo si chiude, soffrendo, sulla parità. Zero a zero. Le strade, manco a dirlo, sono deserte. Tutto il mondo è davanti a una tivù. Il primo gol della Tunisia è un esplodere di gioia e di «YouYou». I giovani saltano, esultano, sventolano le bandiere si abbracciano… Pura gioia.

All’ultimo minuto, però, arriva il gol della Francia. Gli spettatori, a capo chino, accusano il colpo duramente. E sciamano via dal caffè, delusi. Poi tornano: è fuorigioco! Esultanza generale. Clacson per strada, tripudio. La Tunisia vince.

Ma non basta: arriva la notizia che non doveva giungere. Anche l’Australia ha vinto il suo match e la Tunisia non si qualifica alla fase successiva. Un’altalena di emozioni, una vittoria preziosa che non è valsa a nulla: ma le Aquile si sono battute dando il loro massimo. E, forse, alla fine è questo ciò che conta davvero.

Rosita Ferrato

 

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