Una passeggiata tra i secoli e fra le vie di Tunisi. Colette Fellous è invitata all’IFT per parlare del suo nuovo romanzo, Kyoto Song, ma la curiosità porta anche verso un altro suo libro, “Avenue de France”, perchè il protagonista è la capitale.
In tutti i suoi libri ritorna la sua patria: Fellous, è nata in Tunisia e vive a Parigi da quando ha 17 anni, e nella sua opera il rapporto e il dialogo fra questi due paesi è molto presente.
Anche quando altrove, ritorna la Tunisia. “Tutto era nuovo, tutto poteva succedere, i vivi, i morti. Essere come un neonato davanti alle parole”.
Come salvare gli avvenimenti della verità, chiede a se stessa e al pubblico. “Posso ricordare” e così, già da bambina si pone come scrittrice. “Il lettore è messo al mio posto, e anche io voglio vedere con i miei occhi di bambina”.
“Il romanzo ha la potenza di rendere le persone invisibili” e infatti in Avenue de France percorre secoli di storia della capitale tunisina ritrovando situazioni, il primo incontro di suo padre e sua madre, la nascita sua e dei suoi fratelli, i luoghi che ancora ci sono, quelli che si sono trasformati, epoche sparite, come la città durante l’occupazione tedesca del 1942 (“Le Cafè du Casino s’appelle le Wehrmacht Kaffee, c’est leur lieu de rendez-vous). “Le Palmarium, qui est maintenant reservè lui aussi aux Allemands est devenu un trou noir”.
“Je feuillette les années” sfoglio gli anni. “La frase può portarci ovunque, in tutti i luoghi, in tutti i secoli”. In questo modo accompagna il lettore affinchè faccia il suo stesso viaggio. Perchè tutti, spiega ancora Fellous, abbiamo le stesse domande, che si sia Proust o Claudel o chiunque di noi, tutti abbiamo gli stessi interrogativi e piacere di vivere. Lo scopo della vita è cercare quel paese lontano che è in noi, ognuno dentro di sé ha dell’invisibile.
“La porte de France est donc toujours la frontière entre la ville européenne et la ville arabe. D’un cotè le theatre, l’église, le casino, les fiacres, les ombrelles, les hotels et le cinémas. De l’autre, les ruelles, les herbes magiques, les palais abandonnès, les mosquées, les épices, la biblioteque du Souk el – Attarine, les anes, les puits, les hommes qui jouent aux dominos dans les cafès chantants sous leur sari blanc, leur sourire, le hennè, le benjoin, l’odeur de la soupe aux pois chiches et au cumin”.
Nella sua opera c’è un lavoro sulla trasmissione, in cui ognuno è un pezzo di una catena che non finirà mai. E ognuno è parte di qualcosa di più grande. “Je donne mon cuisse de poulet et mes tomates à un vieux monsieur qui vient de Kairouan et qui n’a jamais quittè sa ville lui non plus” racconta l’autrice nel libro, quando è in procinto di lasciare la Tunisia per la Francia. “je fixe son visage comme s’il ètait un pays tout entier. Je decouvre ce pays pour la première fois. Il est splendide”. *
Citazioni da Avenue de France, edizioni Gallimard
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