Il menu è composto da quattro portate, in apparenza semplici, ma in realtà frutto di una ricerca accurata.
Mi è capitato di essere piuttosto scettica rispetto ad un cibo più elaborato, o forse più raffinato, ricercato, aspettandomi piatti piccoli e strambi come con alcune esperienze della nouvelle cuisine.
Comunque conoscevo la persona e sapevo che la cena sarebbe stata piacevole e sorprendente: conoscevo l’amore di Rafram Chaddad per il cibo, la sua ricerca e la sua passione.
La cura per il dettaglio. Colori, profumi, il bello non solo si gusta, si guarda, si annusa. Ogni cibo, dalla salsa ai piatti di portata, ogni bevanda, va prima “assaggiata” con occhi e naso.
La tavola, nella cornice sontuosa della nuova Maison d’hotes Dar Ben Gacem/rue El Kahia, in una sala da pranzo dove sono protagoniste le ceramiche tradizionali tunisine e la calligrafia cufica di Kairouane, la tavola preparata e decorata rivela la cura del dettaglio: brocche di acqua con foglie di menta in trasparenza, decorazioni composte da fagioli freschi, spezie, piccoli petali di fiori secchi, pinoli, ogni cosa può essere commestibile.
Il cuoco arriva ad illustrare il suo lavoro. “I work with food. I talk, I teach and cook food. – spiega In order for it to be tasty, food should be local, from excellent products, be part of a support in local farmers, as part of local and immigrant’s traditions and seasonal”.
Rafram è stato coordinatore di Slow Food in Israele, organizzando eventi con i produttori locali, mettendoli in contatto fra di loro per confrontarsi e scambiarsi idee. “My expertise is in Israeli, Tunisian, Mediterranean and Jewish cuisine in their relations to culture, history, power issues and ingredients”.
Il cibo non appartiene a un territorio, soprattutto nell’area mediterranea è una contaminazione continua, pensiamo al il Burekhe piatto di origini antichissime, ancor prima delle migrazioni dei turchi, si mangia in Tunisia, in Albania, alcuni piatti arrivano dai tempi dei Bey e quindi sarebbe assurdo parlare di frontiere. “I am dealing with the concept of food without terroir. In the context of Jewish and immigrants food”
E anche la cena di questa sera è una continua contaminazione mediterranea: la bruschetta siciliana, la bottarga, oro del nostro mare che è regina sia in Sardegna che in Tunisia, una pasta cotta al punto giusto (Rafram è spesso in Italia, quindi sa come si fa). Si apre con insalata tunisina, cipolla, pomodori, capperi, patate, uova limone, harissa, menta, tonno, olive e zaatar (una miscela di spezie).
Il ritmo giusto, tra una portata e l’altra, perchè si familiarizzi, senza annoiarsi; poi il cuoco esce dai suoi ambienti per illustrare la nuova portata: pasta con la bottarga, con foglie di sedano, pepe dolce, pistacchio e scorza di limone. Filetto di spigola (karus) con harissa, miele, uvetta e salsa di rosa (sembrano accostamenti bizzarri, ma insieme si sposano perfettamente).
Caffè turco con semi di coriandolo e scorza d’arancio, e per finire il tipico tè tunisino con mandorle fresche.
Tutto perfetto. Un cittadino del mondo, un artista ai fornelli.
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