Quest’oggi voglio ospitare sul mio blog un’estratto dal bell’articolo che Be Beez mi ha voluto dedicare.
Rosita Ferrato, ritratto itinerante tra immagini e parole
[…] “Scrivere e fotografare hanno in comune, a mio parere, velocità e tempi lunghi. Un paradosso?
Non direi: entrambe richiedono un’ispirazione seguita da una sosta, un momento sospeso che significa fermarsi, prendere il taccuino o la macchina fotografica e far scaturire qualcosa, buttar giù quel guizzo, quell’idea arrivata non si sa come e da dove.
Nel caso della scrittura, l’ispirazione avviene di getto, e subito va fissata sulla pagina, anche solo in una bozza, in poche righe; però poi va rivista, curata, corretta con più calma, rivedendo e rileggendo.
Nel caso di un scatto, una bella foto la si coglie al volo, la si capisce subito, magari durante un viaggio passando in una via, notando una situazione, un angolo di città, un cielo, dei colori, delle persone, dei visi, un gatto che salta dalle mura di un antico edificio. Ci vuole velocità, intuito, e magari diversi scatti: tra i tanti magicamente arriva quello giusto.
A volte invece lo scatto va studiato, mi viene in mente per esempio la foto della copertina dei Tuffatori di Casablanca, il mio ultimo libro sul Marocco. In quel caso, la bellezza della situazione era evidente. C’era il mare, ragazzi temerari e muscolosi che si tuffavano d un muro alto più di dieci metri, il colore del cielo, il movimento; ma ho preferito non aver fretta. Mi sono seduta sulle rocce sottostanti e mi sono fermata ad aspettare il frammento interessante: con calma, pazienza, godendomi il rumore dell’oceano, la brezza tiepida di Casablanca, una piacevole attesa, cogliendo odori, suoni, e aspettando il momento adatto.
Improvvisamente la magia: una giovane con il costume rosso, in piedi sullo strapiombo, si è messo a danzare, a sbruffoneggiare con i suoi amici, prima di lanciarsi nel vuoto liquido dell’oceano. E allora ho capito che quello era l’istante, e ho scattato la foto. Sembrava tutto perfetto, un tocco di ironia, i colori giusti, l’atmosfera che cercavo.
Insomma, nella fotografia e nella scrittura, per come le vivo io, ci vuole il guizzo iniziale, e poi pazienza. Nella scrittura per rivedere, rileggere, riformulare il canovaccio che si è buttato giù di getto; nella fotografia va colta la bellezza dell’immagine, ma non sempre è immediato, a volte ci va la pazienza: di aspettare, magari seduta su una roccia in un paese del nord Africa.
Unire fotografia e scrittura in un libro, in un articolo, in una pagina, è completare un quadro, esprimere qualcosa di sé in maniere differenti. La stessa città, la stessa persona, lo stesso luogo o situazione vengono palesati o posati sulla carta con un diverso linguaggio. E potersi esprimere in diversi modi è un privilegio.“
(In collaborazione con Paolo Bongianino)
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