La principessina Clotilde – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa
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La principessina Clotilde

Questa è la storia di Clotilde, figlia del re Vittorio Emanuele II, ragazza forse non troppo avvenente ma tanto pia (!) chiamata dalla storia alla ribalta della corte di Francia …
Primogenita del sovrano, rimane presto orfana della madre, l’austriaca Maria Adelaide, che diede ben 8 figli allo sposo e che la lasciò come sua fisiologica sostituta nelle cerimonie ufficiali. Diventa grande in fretta, Clotilde, e ben presto si deve piegare alle ragioni di Stato. Viene infatti chiesta in moglie da Napoleone III per il cugino Napoleone Giuseppe Carlo, meglio noto come Girolamo e familiarmente detto Plon Plon.

Evitiamoci commenti su un tale nomignolo e vediamo di capire quale disgraziata accoppiata di caratteri farà questo matrimonio. Clotilde, si diceva, è molto timorata di Dio e gentile d’animo, ha forse anche un po’ paura degli uomini: probabilmente perchè va in sposa giovanissima e magari non ha molta propensione al talamo. Lui invece, Plon Plon, è un po’ un mariuolo: uomo fatto, intelligente, sfrontato, coraggioso in battaglia e libertino.

La politica è la politica, e il matrimonio è indispensabile per sancire un patto fra l’imperatore e il re sabaudo affinchè si possa avere l’aiuto dei francesi nella seconda guerra di indipendenza.
Il re galantuomo però ama la figlia, le è affezionato, e l’idea di queste nozze lo turba: oltre a mollare la Savoia e Nizza, anche concedere Clotilde ad un uomo vissuto e di sangue non proprio nobile, appartenente alla stirpe dei “napoleonidi”. L’unione però s’ha da fare e non ci si può sottrarre: la posta in gioco è molto alta e Cavour non manca di ricordarlo al sovrano.
Clotilde accetta: per amore del padre, e del suo Paese. Grandiosi i festeggiamenti e il ballo al Circolo degli Artisti in Via Bogino. Poi, alla volta della Francia, quasi sposa bambina, con la promessa che non sarebbe stata toccata dal marito fino al suo sedicesimo compleanno, tre mesi dopo le nozze.

L’accoglienza di Parigi non l’aiuta: viene derisa per il suo aspetto non appariscente, per il suo riserbo e per il suo timore di Dio. Lei si aiuta come può: si dice che per benedire il suo talamo e il suo futuro sposo si porta una boccetta d’acqua santa (e pensate un po’ Plon Plon quanto sarà stato contento!). Non è facile stare con Girolamo. Al suo tranquillo e gentile sguardo, come saranno apparse le idee radicali del marito, il suo odio per i preti, il suo gusto per gli intrighi politici Plon plon è prorompente nella sua vitalità e ama i piaceri. Se dalla consorte ebbe vari figli, altri due ne fa proprio con una dama di compagnia di sua moglie, di trent’anni più giovane di lui. Ma Clotilde resiste e la sua generosità e modestia si manifestano comunque anche in terra straniera: si dedica con impegno alla beneficenza e sfugge gli splendori della Corte imperiale, riducendo all’essenziale le apparizioni formali. Sobria, e comunque fiera, se a Eugenia, imperatrice dei francesi, ma non di sangue reale, che vuole impartirle lezioni sul vestiario, ribatterà: “Signora, voi dimenticate che io sono nata a Corte” e la metterà a tacere.
Clotilde insomma è valida e saggia, e negli anni lo dimostrerà. Quando la storia sta per voltare pagina, si rivela una donna coraggiosa: rimane in Francia anche durante i disordini contro Napoleone III. Il re suo padre è molto preoccupato (come non avere presente i metodi sbrigativi dei francesi contro i nobili?) e la esorta più volte a tornare in Italia.”Sono una Savoia, e i Savoia non lasciano il loro posto”, avrebbe detto nelle drammatiche circostanze che porteranno alla caduta dell’Impero e alla Terza Repubblica.
Tornata alfine in patria e ormai separatasi dal marito, troverà pace divenendo terziaria francescana, una vocazione non rara tra le principesse Savoia. Morirà a Moncalieri nel 1911.
vignette di Alberto Calosso

Vignette di Alberto Calosso
di Rosita Ferrato e Maria Cristina Sidoni

[Pubblicato su NuovaSocietà il 25 marzo 2011]

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