Il 28 novembre: l’anniversario della caduta del dominio ottomano e la liberazione dell’Albania. Svariati e ricchissimi in tutta Italia i momenti di cultura, anzi di intercultura per celebrare questa data: ho avuto la fortuna di parteciparvi, e adesso ve li racconto.
Un pomeriggio inserito in una rassegna intitolata “Aspettando il centenario” (con mostre fotografiche, concerti e momenti di sport). Due le scrittrici: una albanese (Irma Kurti), l’altra italiana (io) e un tema comune, declinato in modi molto personali: l’Albania, ovvero Shqipëria, la terra delle aquile.
È avvenuto a Parma, lunedì pomeriggio, proprio nel giorno della festa dell’indipendenza, una data importante per i circa 2500 immigrati albanesi che vi risiedono. La sede dell’incontro: la biblioteca Internazionale Ilaria Alpi; l’organizzatore: l’associazione Albacenter.
L’incontro tra il Presidente della Repubblica albanese Bamir Topi e le autorità locali è avvenuto invece nel fine settimana precedente, in occasione dei festeggiamenti albanesi a Torino per la medesima ricorrenza: un programma ricco di musica, mostre fotografiche, recitazione, un momento intenso dove condividere impressioni, ricordi, aspirazioni.
In maniera estremamente partecipata, i politici, le forze dell’ordine e gli organizzatori delle iniziative sotto i miei occhi di “ospite” si sono mescolati serenamente : genitori che portano bimbetti al collo per salutare il Presidente del loro paese, anziani ormai “italianizzati” che però non rinunciano ad un’occasione per far battere il proprio cuore, e specialmente (tanti e tanti) giovani albanesi che studiano qui e si interrogano sulle loro radici e sul loro futuro fra due orizzonti.
Nel Centro Interculturale di Torino ha condiviso il palco con me Kozeta Noti, docente di Pedagogia presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università di Tirana: una solare presenza che ha portato con sé le foto scattate dal padre, famoso cronista dell’epoca del regime comunista, già ex partigiano contro il nazifascismo degli invasori italiani.
Non è stato solo interessante: è stato bello e illuminante sentirla parlare di un regime che il suo genitore le aveva sempre nascosto di detestare per non turbarle la fanciullezza e metterla a rischio. Solo con l’avvento delle libere elezioni nel 1991, infatti, molti trovarono il coraggio di esprimere anche ai parenti più stretti la sofferenza di un muto dissenso. Un cenno tanto profondo di un’umanità così autentica che commuove i presenti: gli albanesi, che capiscono e ricordano; noi Italiani, che eravamo tanto vicini e non ci siamo mai interrogati su cosa accadesse a soli 70 km di distanza dalle nostre coste pugliesi.
E’ anche così che le distanze si riducono: fare i conti con le invasioni di immigrati potrebbe richiedere di saperne di più della loro storia e delle loro vite, prima di etichettarle frettolosamente. Potrebbe fisiologicamente esigere di essere informati sul presente vissuto qui da noi, un presente variegato, fatto di luci e ombre, mai di un colore solo: se non per chi si accontenta o non vuole vedere che la massa informe delineata di volta in volta dalla cronaca dei giornali.
Rosita Ferrato
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