Al museo del Bardo c’è tanta Polizia e poca gente. All’ingresso controllano che tu non sia armato e allo straniero chiedono i documenti.
Entrati nell’area prima della porta principale, ci sono i mosaici delle vittime della strage del marzo 2015, di cui alcuni italiani. C’ è anche l’immagine di un cane lupo poliziotto, Akil, morto quel giorno “in servizio”.
Dentro il museo, lo splendore. Il palazzo del Bey raccoglie una delle più complete e magnifiche collezioni di mosaici romani del mondo. C’è un’ala moderna bianca, funzionale, e poi le antiche sale dai soffitti cesellati. Visitando i luoghi che racchiudono tanta bellezza sembra incredibile sia potuto succedere quello che è accaduto, ma i segni si vedono ancora, i tunisini hanno deciso di lasciare i fori di proiettili nelle teche, per ricordare…
Ora è inevitabile pensare alle immagini drammatiche di visitatori che corrono, spaventati, inseguiti dal male.
Le sue sale hanno però visto tante persone, tanti volti sono rimasti stregati dal suo fascino.
Andiamo indietro nel tempo. Il palazzo del Bardo, creato il 7 novembre 1882 per decreto del Bey, da sempre è stato un passaggio imperdibile per gli stranieri. I viaggiatori europei in cerca dell’esotico, del moresco, rapiti dal fascino dell’Africa araba: tanti viaggiatori si sono aggirati in queste splendide sale dal XVI al XIX secolo, e hanno lasciato delle descrizioni, di com’era: è bello immaginarseli che parlano ai loro contemporanei, alcuni riferendo di un villaggio o di una città fortificata, strana e composita, il cui aspetto esteriore contrastava così tanto con l’opulenza dei decori interni.
Visitatori illustri come Alexander Dumas, Sir Grenville, Armand Flaux, e altri ancora l’hanno percorso, lasciando preziose testimonianze, scritti, schizzi o fotografie.
La parte che oggi vediamo era preclusa ai visitatori di un tempo: “In questa abbondante documentazione – si legge infatti nella brochure – si riscontrano molti pochi dettagli riguardo alla parte occupata oggi dal museo , senza dubbio perchè questa era riservata all’harem del Bey, allora inaccessibile ai viaggiatori. La parte al piano terra era dedicata agli spazi di servizio: cucine, magazzini, stalle”.
Allora il Bardo era luogo di piaceri e di pace. Il silenzio e la calma attorno alle sue mura e dei passi, leggeri, del viaggiatore europeo, illustre o meno illustre, incantato da tanta meraviglia. Alexander Dumas che rimira i soffitti, le mura del palazzo del Bardo e pensa, pensa ai suoi romanzi, alle pagine che scriverà, e all’ispirazione che avrà avuto su di lui tanta bellezza.
ps. E per chi volesse sapere come è andata veramente ecco qui il racconto del grande scrittore: www.dumaspere.com
Rosita Ferrato
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