Le “fotine imperiali”…
1854: il francese Disdèri brevetta la “carte de visite” ed è un evento. Su di un’unica lastra possono essere riprese con un obiettivo multiplo quattro, otto o dodici pose, uguali oppure diverse fra loro, sia dello stesso soggetto che di soggetti diversi; ecco allora una piccola foto-ritratto da incollare su un cartoncino di 10 centimetri per 6. L’idea era: economica rispetto ai ritratti dipinti e alle fotografia a lastra intera; buona per la rassomiglianza evidente con il soggetto e anche…pratica per le dimensioni tascabili che si addicevano a gente in movimento. Ecco quindi la piccola carte incuriosire anche i potenti e quindi diventare trendy. Non a caso, la data in cui si impone definitivamente al mondo di allora è il 1859, quando, come ci narra Nadar, Napoleone III, alla guida del suo esercito, si ferma al n.8 del Boulevard des Italienne a Parigi per farsi fotografare da Disdèri, prima di proseguire per guerreggiare in Italia a fianco dei Piemontesi. Migliaia di soldati seguono poi il suo esempio e voilà, la fortuna della Carte si diffonde con successo tra nobiltà e borghesia.
….album….
Avere le foto della spedizione dei Mille? Sembra strano ma le abbiamo. E’ infatti Alessandro Pavia, fotografo genovese, a raccogliere in ordine alfabetico le immagini dei garibaldini nell’Album dei Mille: molti ne fotografa dal vivo alla partenza da Quarto nel 1860, altri li riprende da ritratti dipinti o fotografici. Ci metterà circa sei anni per compiere la “sua” impresa e donarla a Garibaldi. Un vero e proprio monumento al Risorgimento italiano e all’impresa garibaldina. L’album costava troppo -400 lire- per avere successo commerciale e Pavia allora ne fa una versione ridotta, quasi un opuscolo pubblicitario di ventotto pagine, l’ “Indice completo dei Mille sbarcati a Marsala condotti dal prode Generale Giuseppe Garibaldi, eseguito da Alessandro Pavia” che contiene tre fotografie e viene venduto a una lira.
Ma cosa troviamo nell’Album dei Mille ? Tutti i partecipanti alla spedizione, da Abba Giuseppe Cesare a Zuzzi Enrico Matteo, immortalati in forma di carte de visite ed una sola donna, Rosalia Montmasson di Annecy, ovvero la moglie di Francesco Crispi.
…Reportage….
Inquietanti e terribili le foto che nei primi anni “italiani” presentano gli assalti bellici e le esecuzioni capitali: ostentazioni di cadaveri di briganti meridionali quasi fossero trofei di caccia; reportage sulle esercitazioni militari a Rocca di Papa dei corpi dell’esercito pontificio; fotografie delle esecuzioni capitali come quelle di Monti e Tognetti dopo il fallimento dell’insurrezione romana del 1867; e poi: foto delle piazzaforti austriache che documentano ad opera di Moritz Lotze, fotografo attivo a Verona, le ultime difese imperiali in Veneto; servizi sull’assedio piemontese di Gaeta ad opera dello stesso fotografo francese – Eugene Sevaistre- che ci ha fornito uno dei più famosi reportage di guerra dell’800 su Palermo nei giorni delle barricate e degli avamposti garibaldini.
….e fotomontaggi!
Con sfondi di paesaggi artefatti, su cui inserire ritratti dipinti come fece Piga con l’immagine dell’ultimo re di Napoli già rifugiatosi a Roma; con i volti di avi ingombranti che vegliano, delicatamente acquerellati, sull’operato del discendente- vedi Bonaparte nobilmente incombente su Napoleone III quasi intimorito da cotanta parentela- ma anche composizioni a poster dei visetti di principesse italiane gli uni accanto agli altri, o a mò di foto di gruppo – assiepatissimo – di tutto il parlamento subalpino, e per finire, il “grappolo italiano” dove il fotografo Duroni inserisce la faccina di un personaggio risorgimentale in ogni acino: gli studi fotografici si attrezzano di accessori di ogni genere (fondali, carrozzelle per gli infanti,divise e biciclette) e fotoritoccano artisticamente le composizioni scelte (come per il cavallo del re Vittorio Emanuele II, sempre imbronciato con la testa all’ingiù! I fotografi di corte dovevano essere abili e molto pazienti, ma era oltremodo importante fregiarsi del titolo di “Fotografo di S.M.” come fu Luigi Montabone che da via della Rocca 47 a Torino, si spostò in Piazza San Carlo e poi aprì stabilimenti a Milano, Firenze e Roma seguendo le teste coronate nell’Unità italiana). Quanta appassionata creatività, competenza ed esprit di leggerezza…
Ma non sempre. Nel febbraio 1862, cominciano a girare alcune foto piuttosto sconvenienti della bella Maria Sofia di Napoli, quando ormai la famiglia reale dei Borbone si era rifugiata a Roma. Il Papa ordina di svolgere un’inchiesta e vengono presto presi e condannati i colpevoli: sia in quanto autori dei collages offensivi e sia perchè detentori di una macchina fotografica “per proprio e privato conto” , cosa allora proibita. In una città che ospitava numerosi fotografi che per numero e qualità si distinsero in tutto l’800; in quella città dove, sotto l’egida papale, operò Antonio D’ Alessandri, mirabile interprete della foto istantanea, si era consumata così una brutta campagna diffamatoria contro la Corte napoletana in esilio e contro quella pontificia che l’aveva ospitata, utilizzando tutti i potenti mezzi dalla tecnica allora a disposizione…
Vignette di Alberto Calosso
di Rosita Ferrato e Maria Cristina Sidoni
[Pubblicato su NuovaSocietà il 9 giugno 2011]
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