Francesco Crispi nasce nel 1818 a Ribera – sì, proprio la Bibera di Camilleri- da una famiglia (paterna) arbareshe. Era un ragazzino vivace : nel volume “Crispi” scritto da Nicolò Inglese, si ricorda che per gioco Ciccio si fece quasi 4 km a piedi per andare a suonare di soppiatto le campane del paesino vicino e far accorrere tutti in piazza. Del nostro si sa che, una volta cresciuto, si laurea in Giurisprudenza a Palermo ed eccolo avvocato nel ’45 a Napoli. Ma non sono anni tranquilli e Francesco si attiva: nel’48 partecipa all’insurrezione di Palermo e la restaurazione del governo borbonico gli costerà la fuga dal Regno delle due Sicilie. E dove si rifugia l’avvocato? In Piemonte, bien sur , dove si arrangia come giornalista e frequenta il salotto di Giuditta Sidoli che lo ospita e lo introduce nel suo salotto dove “la pasionaria” del nostro Risorgimento riuniva patrioti e profughi proprio nella via che un giorno sarebbe stata intitolata al suo grande amore, il suo “Pippo” Mazzini. Francesco è sveglio, partecipativo…e si fa notare: coinvolto nei moti mazziniani milanesi, nel ’53 deve allora spostarsi nuovamente e sarà la volta di Malta. Ma non andrà solo stavolta: lo segue Rose, una ragazza nata a Saint Jorioz nella Savoia e che lavora come stiratrice e lavandaia. I due si erano ritrovati uniti dal sentimento e dall’ardore patriottico e quindi partono insieme. A Malta si sposano ma non si fermeranno: Francesco attacca i borboni ma anche il clero dell’isola e il governatore inglese li espelle. Allora: via, si va a Parigi, dove i due sono implicati nell’attentato esplosivo di Felice Orsini contro Napoleone III : non è chiaro se davvero Crispi partecipò all’attentato come esporrà il conte bellunese Carlo di Rudio, detto “ moretto”, compagno e complice di Orsini, ma certo tali circostanze non giovano alla coppia; e così… nuova espulsione, e nuova città: a Londra, dove si trova anche Mazzini.
Ma nel ’59 si ritorna in Italia, dove spirano venti di unità. E chiaramente si concorre a gonfiare le vele: siamo in piena seconda guerra di Indipendenza e Crispi, ormai quarantenne, con signora al seguito (ma al bisogno inviata in separata e agguerrita missione di messaggera), si dà da fare per contattare i garibaldini e i patrioti siciliani, nonché gli italiani esuli a Malta. Ecco che arriva il momento: si organizza la Spedizione dei Mille che prende il via il 5 maggio del 1860. La leggenda vuole che, nonostante il divieto del marito che la vuole a terra, Rose si travesta da militare e unica donna salperà per il futuro indossando la camicia rossa: in effetti la ritroviamo immortalata nell’Album dei Mille che raccoglie le foto dei partecipanti all’impresa e sappiamo che fu capace e pronta a sparare e soprattutto a curare i feriti. Da quelle terre del Sud si riporterà il nome di Rosalia, mentre il marito incassa riconoscimenti e viene nominato Ministro dell’Interno e delle Finanze del governo siciliano provvisorio. Crispi è l’uomo giusto per l’eroe dei due mondi: Garibaldi incarna l’idea rivoluzionaria e unitaria e, come Crispi, sposa l’approccio oppositivo della massoneria del sud cercando di rinviare le annessioni al Piemonte in attesa di compiere la prodezza più grande: prendere Roma. Questo anche in dissenso con la politica cavouriana e dei moderati che però risulteranno vincenti (perchè l’annessione del Regno delle Due Sicilie si ha già nell’ottobre di quell’anno). Storia magistra vitae? Forse: Crispi capisce che bisogna essere realisti (e magari monarchici). Pian piano dagli scranni della camera Subalpina in cui entra nel ’61, la sua opposizione al moderatismo subisce un’evoluzione che culmina nella famosa frase espressa qualche anno più tardi , e in seguito ripetuta nella sua corrispondenza con Mazzini: «La monarchia ci unisce, la repubblica ci divide». Rose è perplessa, non lo riconosce, non comprende questo passaggio e si apre un gap ideologico fra i due che sul fronte privato genera pensieri e… ripensamenti: il menage matrimoniale è sempre più difficile e il nostro si innamora di un’altra. Più giovane, più bella ed elegante. È una storia importante: fino a che punto? Fino a sposarsi di nascosto, in casa, con lei: Lina Barbagallo, nobile leccese che nel frattempo gli ha pure dato una figlia. E Rose? Lui insiste che il primo matrimonio non è valido e che lei deve stare buona e zitta. La notizia trapela e i giornali si accaniscono : è il 1878, un vero scandalo. Si pone la cosa in termini di questione morale, data la posizione pubblica ricoperta dal nostro (vabbè…non facciamo commenti o confronti); gli stessi colleghi della sinistra sono turbati perchè stimano la ex garibaldina e anche a corte si prova imbarazzo di fronte ad un sospetto bigamo: la Regina Margherita si rifiuterà di stringergli la mano. La vicenda è succulenta: il quotidiano “Il Piccolo” gli pone pubblicamente delle domande in merito e Crispi si rifiuta di mettere in piazza particolari della vicenda che ritiene di interesse privato e alla fine si dimette (…anche qui evitiamo confronti). Si apre intanto l’inchiesta giudiziaria: in effetti il matrimonio maltese era solo religioso e l’officiante risulta un prete “patriota” sospeso a divinis. Quindi i giudici lo assolvono. Ci vorrà comunque quasi un decennio prima di riprendere l’attività pubblica e politica, e il seguito si studia sui libri di storia… E Rose? Stordita dal clamore ma forse ancor più dalla delusione e impoverita economicamente, si ritira sconsolatamente nei ricordi dove il suo Francesco era ancora quel giovane garibaldino, indòmito e appassionato, quell’idealista che approdato al Parlamento Subalpino è descritto dai contemporanei come colui che ha “l’attitudine la più aggressiva della Camera – quando s’indigna e rompe la monotonia. Allorquando egli si alza per parlare, si direbbe che sia per tirar fuori di tasca un paio di revolvers…” (Petruccelli della Gattina). Verrà sepolta al Verano, a Roma, col nome di Rosalia e ricordata per sempre come “l’unica donna nella legione immortale”.
Vignette di Alberto Calosso
di Rosita Ferrato e Maria Cristina Sidoni
[Pubblicato su NuovaSocietà il 16 maggio 2011]
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