Lavorare spesso è difficile, lavorare al meglio è quasi impossibile. L’Italia di oggi è un paese strano, che produce individui di varie tipologie. Ci sono ragazzi che non hanno voglia di impegnarsi (è abbastanza frequente vedere datori di lavoro che cercano giovani per turni straordinari o semplicemente lavori ordinari con orari impegnativi o semplicemente mansioni che richiedano responsabilità, scuotere la testa sconsolati: non ne trovo, affermano. Un amico parrucchiere ha cercato per anni una ragazza da prendere con sé: alla fine ha trovato un’ucraina, se l’è andata a riprendere là, al suo paese. E alla fine sono contenti tutti e due, ma perchè un’italiana no? Trovava chi lavava solo la testa e non tagliava i capelli, chi non lavorava il sabato, chi non era disposta a fare gli straordinari, ecc. ecc.).
Nel nostro paese esiste anche una buona fetta di popolazione, composta da gente di tutte le età, che di sacrifici è disposta a farne, ne ha fatti, ne farà. Che però non riesce a lavorare bene, a rendere al meglio. Tra questi ci sono i ricercatori saliti sui tetti, che protestano con la forza della disperazione perchè vogliono fare, e fare seriamente, ma non sono messi nelle condizioni di poter svolgere fino in fondo il proprio lavoro; tra questi c’è un taxista che non è riuscito ad ottenere un mutuo per aprire un’altra attività a causa di inutili lungaggini burocratiche, e che ha visto l’attività che sognava presa da un altro (che ha licenziato chi ci lavorava, gente competente che lui avrebbe tenuto); tra questi c’è è Andrea Carandini, di cui ci ha raccontato Massimo Gramellini nella sua rubrica su La Stampa, Buongiorno del 15 marzo. Carandini, archeologo di fama mondiale, che ha deciso di lasciare la presidenza del Consiglio superiore dei Beni culturali per i troppi tagli al bilancio che gli hanno impedito di “continuare a svolgere seriamente il suo mestiere”.
C’ è la proprietaria di un negozio di fiori, che parla delle rose di Sanremo: profumatissime e speciali, ma care perchè dalla lavorazione impegnativa e lunga e perchè ormai lì, nella città dei fiori, la produzione è limitatissima. I fiori allora devono arrivare da altri paesi e continenti: sud America, Olanda; ma non sono come i nostri, durano meno, non profumano più. “Con le rose di Sanremo, il mio negozio si riempie di un profumo meraviglioso. Devo andare io a prendermele, quando posso. Altrimenti devo accontentarmi dei fiori importati: nonostante il lungo trasporto, costano meno”.
Sono tutti figli di un’Italia che snobba e intralcia chi ha voglia di fare, chi sa creare, chi riconosce e vuole valorizzare il bello; che non mette in primo piano la sua cultura, la sua ricchezza, il suo patrimonio speciale e unico; i suoi artigiani: perchè in un paese come la Svizzera tanti giovani sono indirizzati (e loro entusiasti di farlo) verso il mantenimento dell’artigianato locale e delle tradizioni e qui tutto sparisce. Perchè il nostro patrimonio noi non ce lo meritiamo?
Chiudo tornando a Carandini, citando ancora Massimo Gramellini, che tanto bene ha saputo raccontare tutto questo spreco: “… che cos’ha fatto di male la cultura a questo Paese per meritarsi un disinteresse così suicida. Nonostante molti lo ignorino o addirittura lo disprezzino, il patrimonio artistico e culturale è l’unico petrolio su cui siamo seduti, nonché la principale e forse unica ragione per cui il mondo si ricorda ancora ogni tanto della nostra esistenza”.
Gramellini che ci parla di tagli pericolosissimi e intanto ci fa sognare una realtà meravigliosa, di come potrebbe essere: “Un’Italia del bel vivere, punteggiata di musei accoglienti, siti archeologici spettacolari e teatri lirici con un cartellone di Verdi e Puccini pensato apposta per i turisti. Un’Italia degli agriturismi e dei centri benessere. Dei mari e delle coste ripulite da tutte le sozzure. Dei pannelli solari installati sui tetti di tutte le abitazioni private. Dei prestiti facili alle cooperative giovanili che propongano iniziative originali nell’arte, nello spettacolo, nella moda e nel turismo di qualità. Un’Italia verde e profumata, il polo attrattivo di tutto ciò che è bello. Saremmo più felici e più ricchi. Ma soprattutto saremmo quel che ci ostiniamo a non voler essere: italiani”.
Rosita Ferrato
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